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La tomba di Ottorino Respighi alla Certosa di Bologna, in “Il Carrobbio”,
XXVII, 2001, pp.187-193.
Musica a Bologna, Musicisti a Bologna
Il
grande compositore bolognese Ottorino Respighi, l’autore delle Fontane di Roma
e dei Pini di Roma, opere sinfoniche oggi tra le più eseguite nel mondo, morì
a Roma il 18 aprile 1936. Il Comune di Bologna chiese con reiterata insistenza
di onorare le spoglie del suo cittadino illustre nella “erma e solenne Certosa”;
sua moglie Elsa Olivieri-Sangiacomo avrebbe voluto erigere la tomba del Maestro
nel bosco de “I Pini”, la villa di Roma nella quale il compositore aveva
vissuto. Ricorda Claudio Guastalla, librettista di Respighi, nei suoi Quaderni:
“Forse non sarei riuscito a dissuaderla se altri più autorevoli non mi
avessero aiutato. Il Comune di Bologna faceva offerte larghissime: un monumento
funebre accanto a quello del Carducci e solenni onoranze. Venne a perorare la
causa della città il presidente del Senato Federzoni, bolognese anche lui amico
d’infanzia di Respighi. Disse che il capo del governo era disposto a firmare
il decreto necessario per la sepoltura del Maestro nella villa “I Pini”, se
Donna Elsa l’avesse voluto, ma anche lui lo sconsigliava: bisognava non
dimenticare che forse fra pochi anni via della Camilluccia sarebbe stata una via
della città, tutta villette abitate, e che una tomba lì in mezzo avrebbe
perduto ogni significato e ogni bellezza. Dopo lunghe esitazioni (ispirate forse
dal fatto che, verso Respighi vivo Bologna si era sempre dimostrata poco
affettuosa - ancora una volta “nemo propheta in patria” - Elsa acconsentì,
con molte condizioni che il Comune accettò e osservò tutte con grande
larghezza: volle sottoporre a Elsa il disegno del monumento, volle che Elsa
designasse la strada della città da battezzare col nome di Respighi.
acconsentì che la tomba fosse a due posti per accogliere in un lontano avvenire
anche la compagna impareggiabile del Maestro. E questa indicò quel tratto di
strada che fiancheggia il teatro Comunale, nel cuor di Bologna, adiacente al ‘guasto
dei Bentivoglio’: era un tratto della via Castagnoli. dove al n. 2 sorge
ancora la casetta che fu dei Respighi, la casa della giovinezza del Maestro,
dove egli abitava quando nel teatro vicino si rappresentò la sua opera
Semirama. Quanto al monumento funebre si pensò che dovesse essere di stile
bizantino: non so come nascesse e da chi una idea simile, né mi parve mai
motivo sufficiente l’aver Respighi sognato spesso lo splendore di Bisanzio e l’aver
composto un’opera di sfondo ravennate. Io, se non si fosse trattato di un
monumento da erigere in Bologna, avrei detto che si copiasse la tomba di
Rolandino dei Passeggeri, che per me la più bella del mondo, con quella sua
aspirazione a staccarsi da terra e ascendere verso il cielo; ma una copia, là
dove si ammirano gli originali, non ha ragione di essere. Più semplice,
altrettanto bolognese, ma meno vistoso, e soprattutto più confacente direi
quasi alla figura fisica di Ottorino, così quadrata e poderosa. mi parve una di
quelle arche antiche e rozze che vediamo a Bologna nel sacrato di Santo Stefano:
un arca di granito coi solo nome del musicista e la data della nascita e quella
della morte: sotto poi, ci si inciderà un’altra parola breve: Elsa. Ma a
questo penseranno i posteri, non io. La mia idea piacque: i bozzetti bizantini
che il Comune inviò furono scartati e a fianco del Carducci sorse un’arca.
non dissimile da quella che serra i resti del Poeta, ma più primitiva, in
granito e non lucida di marmi. E poiché il Musicista bolognese aveva trovato in
Roma ispirazione e fama, mi venne l’idea di dare all’arca bolognese un
pavimento romano. Indussi Elsa a chiedere al Governatore di Roma il dono di
qualche metro quadrato di strada consolare, di quelle esercitate dal passo delle
legioni romane che l’ultimo tempo dei Pini di Roma rievoca e fa risuonare
irresistibilmente".
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