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Stefano
Gobatti: Cronache dai teatri dell'Ottocento. Un 'caso' clamoroso nella storia
della musica, a cura di Tommaso Zaghini, Corrado Ferri, Luigi Verdi,
Bologna, Pàtron 2001, 288 pp.
Recensione:
Notiziario bibliografico. Periodico della Giunta regionale del Veneto, 46,
settembre 2004, p.47 (Francesco
Passadore)
PRESENTAZIONE: Bergantino, Sala Consigliare del Municipio, 18 gennaio 2003.
Se
il nome di Stefano Gobatti risulta oggi sconosciuto ai più, tuttavia attorno al
1870 Gobatti conobbe un periodo di grande popolarità, quando la sua prima opera
I Goti, rappresentata in prima assoluta al Teatro Comunale di
Bologna nel dicembre 1873, suscitò tali entusiastici consensi da venire
ricordata dagli storici come uno dei più clamorosi successi dell’intera
storia del melodramma. Nato nel 1852 a Bergantino, oggi in provincia di Rovigo,
Gobatti, dopo il successo de I Goti,
fu insignito della cittadinanza
onoraria bolognese (1874), onore toccato tra i musicisti prima di lui solo a
Verdi (1867) e a Wagner (1872).
Il caso di Stefano Gobatti è emblematico di come, nella seconda metà
dell’Ottocento, la carriera di un giovane musicista potesse essere
condizionata negativamente dall’ambiente teatrale di allora. In questa
prospettiva il nome di Gobatti potrebbe essere accostato a tanti altri autori
suoi contemporanei oggi misconosciuti, che non ebbero modo di poter esprimere
compiutamente il proprio talento.
Bologna, pur avendo uno dei teatri più prestigiosi d’Italia, non aveva
battezzato nessuna delle opere che avevano fatto la storia del melodramma
italiano: le prime assolute di tutte le maggiori opere allora in repertorio
avevano avuto luogo in altre città; tuttavia a Bologna le prime
rappresentazioni italiane e i grandi successi del Lohengrin (1871) e del Tannhäuser
(1872) di Wagner al Teatro Comunale avevano suscitato accese discussioni e
preparato il terreno per l’affermarsi di una nuova auspicata opera italiana,
da contrapporre al successo allora incontrastato delle opere di Verdi. Fu così
che quando nel dicembre 1873 arrivò sulle scene del Comunale di Bologna
l’opera prima di un giovane compositore di Bergantino, dal titolo I Goti, il successo comunque meritato dall’opera fu ampliato a
dismisura dal fanatismo del pubblico e dalla stampa locale bolognese, così da
ottenere l’effetto di nuocere gravemente all’autore che, occorre ricordarlo,
aveva allora appena 21 anni.
La casa Ricordi in particolare, che si era vista sottrarre dalla casa editrice
concorrente Lucca i diritti per la pubblicazione de I
Goti, che appariva essere una miniera d’oro, vide forse in Gobatti un
possibile intralcio ai propri interessi, e cominciò a guardarlo con diffidenza.
Gobatti, ancora troppo giovane e inesperto per districarsi fra le insidie del
mondo teatrale, finì così per soccombere sotto la pressione delle eccessive
aspettative e responsabilità che
si erano concentrate su di lui. Giuseppe Verdi, dal canto suo, manifestò sempre
apertamente la sua ostilità verso il giovane Gobatti, che era di carattere non
ancora sufficientemente temprato, contribuendo così alla sua eclissi. Dopo che I
Goti ebbero percorso trionfalmente i maggiori teatri italiani, le opere
successive di Gobatti, rappresentate in prima assoluta al Teatro Comunale di
Bologna, Luce (1875) e Cordelia
(1881), ottennero minore successo, mentre la sua ultima opera Massias
non fu mai rappresentata. Gobatti visse l’ultimo periodo della sua vita ospite
del Convento dell’Osservanza di Bologna, e morì povero e dimenticato.
Oggi, con atteggiamento nuovo, possiamo riascoltare la musica di Gobatti senza
pregiudizi e valutarne appieno il suo valore: rivalutare e riscoprire l’opera
di Gobatti, un musicista che ha segnato un pur breve periodo della vita musicale
bolognese e italiana della seconda metà dell’Ottocento, appare oggi una
iniziativa culturale doverosa e di grande importanza. Per questo motivo è
particolarmente degno di nota il progetto del Comune di Bergantino, di
pubblicare un’antologia con i testi più significativi dedicati a Gobatti,
tratti da giornali e riviste d’epoca, così da offrire un ampio quadro di ciò
che rappresentò il suo fenomeno per la cultura musicale del tempo.
Auguriamoci che questa pubblicazione apra la strada ad una
rappresentazione delle opere di Gobatti, che mancano dai palcoscenici teatrali
da oltre un secolo; non possiamo del tutto escludere che fra qualche anno si
possa aggiornare la storia del melodramma italiano, anche in virtù di una
ricollocazione storica nella giusta prospettiva dell’opera non solo di Stefano
Gobatti, ma di tanti altri compositori oggi dimenticati.
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