Mito, storia e sogno di Farinelli. Atti del Convegno di studi interdisciplinari in occasione del 20° anniversario del Centro Studi Farinelli (1998–2018), Bologna, Reale Collegio di Spagna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica (15–16 novembre 2018), a cura di Luigi Verdi, Lucca, LIM 2021, XVIII-446 pp.

Recensione di Mattia Rossi in Il Giornale, giovedì 13 gennaio 2022.

RACCOLTA DI SAGGI
Farinelli, tutti i colori della voce più bianca

Farinelli amava parecchio i cani. C'è un suo ritratto, attribuito a Luigi Crespi, che lo raffigura, come recita l'inventario dei beni contenuti nella sua casa stilato nel 1783 dopo la morte, «con due cagnetti». Un quadro che fu oggetto di un enigmatico scambio tra l'erede di Farinelli, Maria Carlotta Pisani, e il Liceo Musicale di Bologna che conservava il ritratto che il celebre cantante, nel 1761, donò a padre Martini per la sua sterminata quadreria.
Questo è uno dei «misteri ed enigmi» che Luigi Verdi va a sondare nel volume da lui stesso curato: Mito, storia e sogno di Farinelli (Libreria Musicale Italiana, pagg. 446, euro 40). Si tratta di un libro che, raccogliendo una miscellanea di ventisette saggi, vuole fare il punto sulle ultime acquisizioni storiche e musicologiche legate alla figura di Carlo Broschi e al mondo degli evirati cantori. Quella dei castrati fu una condizione non certo facile da sostenere, soprattutto in età giovanile e di pieno vigore carnale. Sandro Cappelletto, nel suo contributo, cita le parole dello stesso Farinelli : «Dopo la cena, re e regina, principe reale e principessa furono a porre in letto in due amabili cuori. Postisi in lettto si restò all’oscuro, per quello che fanno tutti la primiera notte di nozze. Solo il povero Farinelli non può ottenere simili e piacevoli notti oscure».
L’operazione di evirazione, rende noto monsignor Vincenzo De Gregorio, ex direttore del Conservatorio di Napoli, «non era compiuta per iniziativa dei disgraziati genitori, ma per determinazione delle autorità stesse dei conservatori»: nei convitti, infatti, erano previste le tre categorie di «filìoli» (pre-pubertà), «mezzani» (dalla pubertà ai diciotto anni) ed «eunuchi», ovverosia gli evirati. Attorno all’Ottocento, in Europa l’arte dei castrati iniziò un progressivo declino a causa del mutamento del gusto e dello stile operistico. Non così, invece, nel Nuovo Mondo: dal 1810, infatti, Rio de Janeiro divenne, per usare le parole di Alberto José Vieira Pacheco, «una sorta di rifugio tropicale che garantì loro il protagonismo d'altri tempi». Nella Cappella Reale portoghese di Rio prestarono servizio certamente ben nove evirati italiani (Giuseppe Capranica, Antonio Cicconi Giuseppe Gori, Marcello e Pasquale Tani, Giovanni Francesco Fasciotti, Angelo Tienlli, Francesco Reali e Domenico Luigi Laurenti): era un pezzo di storia musicale finora ignorato.

 

 

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